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Centosei anni e non sentirli.

2020-08-05 15:56

Ufficio Comunicazione

Storie, assistenza domiciliare, anziani,

Centosei anni e non sentirli.

Piacevoli conversazioni in una mattina di mezza estate. A casa della signora Giovannina.

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Piacevoli conversazioni in una mattina di mezza estate. A casa della signora Giovannina.__
 Lei è Giovanna Sesto (in foto), la signora Giovannina, classe1914... sì, proprio così! Il 25 maggio scorso ha compiuto 106 (centosei) anni. Ascandirci con orgoglio la sua data di nascita è stata proprio lei. Siamo andatia trovarla - nella sua casa di Carlentini, qualche giorno fa - accompagnandoLuciana (una nostra operatrice OSS) e profittando del suo turno di assistenza adomicilio. Sapendo della nostra visita, ha voluto farsi trovare con "piega"fatta e indossando uno dei suoi profumi preferiti. Al suo polso, unbraccialetto portafortuna. Insieme a lei e al sorriso di sempre, adaccoglierci, il nipote Giovanni. Di lui: "l’aiu addivatu comu ’n figghiu" - hatenuto subito a precisare - ed ecco perché, tra loro, un’indissolubilecomplicità capace di creare una magica alchimia, la stessa che rende spessoinutili le parole e fa parlare spontaneamente sguardi e pensieri. La notiamosubito.
 Nonna Giovannina - è così che qui ci permettiamo dichiamarla e siamo certi che non ce ne vorrà - è un bagaglio di memoria, unintero secolo attraversa i suoi pensieri, capace ancora di farli emergere conlimpida lucidità ed eloquente oratoria. Rigorosamente in dialetto. Tutti ivirgolettati sono parole sue.
Così, quella che per noi doveva essere semplicemente unpassaggio di cortesia, di quelli per un saluto veloce, si è trasformata inun’occasione per conversare un po’: tanto per incuriosirci e lasciarciaffascinare di un tempo che fu; sufficiente per farci rivivere cose che nessunlibro di storia racconta, grazie alla dovizia di particolari nel descrivereluoghi, persone e avvenimenti, con un modo di narrare che solo gli anzianisanno; troppo poco per abbracciare idealmente tutto il vissuto diun’ultracentenaria. 
Dopo iconvenevoli ci racconta di quando - più grande di quattro figli - già a setteanni andava a raccogliere "alivi", in quella campagna dove andava "Ccòcarrettu". E ancora, del marito Salvatore - partito "ppi la guerra" e poirientrato - un uomo d’altri tempi, misurato nei gesti amorevoli, da cui avrebbevoluto "corchi carizza" in più. "C’iaiu vulutu sempri beni" - ci confida nonavendo alcuna avvedutezza di distrarci dagli occhi, nel frattempo, diventatilucidi. Una chiacchierata, come dicevamo, rigorosamente in siciliano. Di quelloche trasuda saggezza - come i solchi, sorprendentemente neanche troppo profondi,presenti sul suo viso - e, allo stesso tempo, autenticità - come i lavorettiall’uncinetto, appesi sulle pareti di casa, accanto ai ritratti della famigliae alle pose dei grandi eventi, che orgogliosamente ci mostra. Quel siciliano che... solo gli anziani lo riescono ancora a parlare condisinvoltura, mentre i più giovani, a volte, non riescono nemmeno a capire gliargomenti delle discussioni, possedendone (del siciliano) la parlata,l’accento, e un poco nutrito bagaglio di espressioni e vocaboli, spesso più omeno travisati. Ci ha poi raccontato della devozione per la sua Santa "picchìpovira ma bedda" infatti, se "Sant’Aita, ppa ricchizza", lei ha preferito SantaLucia "ppa biddizza". 
Due figli, quattro nipoti, sette pronipoti e trisnonna disei pro-pronipoti, era considerata "a sarta do vicinatu: na vota fici trenta cuperti, tutti iu". Tra i suoiricordi, anche di quando andava a comprare la stoffa e di quante lire costasse,perché "a ddi tiempi c’era a lira", la moneta di una volta... ma che, nei suoiesempi, con moltiplicazioni (sì, moltiplicazioni) annesse, continua a custodirecon validità imperitura.
 Tra un racconto di vita e un ricordo delle stagioni andate,ci intercala dei versi. Appassionata di "canzuni e sonetti" in dialetto - mutuate dalla culturacontadina di quel sud dove l’uomo, diceva Pirandello, nasce isola nell’isola -, il tema ricorrente è "l’ammuri". E poiproverbi e detti, a rimarcare la sua narrazione ("Lu picca m’abbasta, l’assaim’assuperchia"), di quelli che, in rima e in metafora, in modo sinteticoed immediato, esprimono contenuti che neanche interi Trattati; di quelli chenascono dall’esperienza e dal vissuto. Ed ecco che, ascoltando nonna Giovannina,ci riaffiora la comprensione della loro importanza e cosa, la loro scomparsa,rappresenterebbe: non soltanto la semplice scomparsa di parole e di modi didire antichi, ma soprattutto la perdita della memoria e delle radici di unpopolo, della sua cultura, di un sentimento nostalgico del passato, di unastoria fatta di piccoli avvenimenti ed aneddoti tramandati da padre in figlio,di un patrimonio da preservare.
 E allora continuiamo ad ascoltarla rapiti. Ogni tanto il suo sguardo sidistoglie, è seduta sulla sua sedia, di fronte al televisore - per leifinestra sul mondo e specchio dei tempi - verso cui non limosina rime audaci ebattute più o meno velate sullo, per certi aspetti, incomprensibile presente. "Miegghiui cosi antichi", chiosa di tanto in tanto. E forse c’ha anche ragione. 
Nel frattempo è trascorsa quasi un’ora. Ci congediamo, anche se nonvorremmo, ripromettendoci di una prossima: "Complimenti e grazie, signoraGiovannina! VOSSIA S’ABBINIRICA...
#nonnagiovannina #ibleaserviziterritoriali #assistenzadomiciliare #anziani
___Immagini in allegato

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